“Le piace cercare i funghi porcini?”. La domanda pareva irreale, alle dieci di sera, nel bar Centrale di Santo Stefano, mentre la neve si depositava soffice sotto i lampioni della piazza deserta. Un mondo di fiaba, e quella domanda assai poco di stagione. Ma così ho fatto la conoscenza di Gino Buzzo Piazzetta, uno dei tanti straordinari personaggi che il Comelico fa sbocciare. Con gli occhi azzurri e la faccia un po’ scavata non si sapeva mai se scherzasse. In realtà la sua scala dei valori era molto personale, con gradini che soltanto la gente di montagna riesce a percepire. […] Il posto è quasi un passaggio obbligato fra le valli del torrente Pádola ed il Piave: ma fosse stato anche defilato con Gino l’appuntamento sarebbe stato comunque d’obbligo. […] Lo si incontrava all’alba oppure alla sera tardi, sempre intento a lustrare bicchieri, assorto nei pensieri strani, il viso sereno. Anche quando nell’albergo non c’era nessuno, anche quando pareva che Santo Stefano fosse addormentato sotto la neve, come ne veniva abbondante un tempo. Ero lassù per lavoro da appena un giorno; interrompendo la lucidatura dell’ultimo cristallo mi chiese come fosse la cosa più naturale se amavo cercare funghi… poi incominciò a discorrere di caccia al capriolo e delle adunate con gli Alpini, ricordando quella cui, alcuni mesi prima, aveva partecipato e la prossima cui sarebbe andato, assieme al gruppo di Comelico. Tre dunque gli amori nell’ordine di importanza, ma negli ultimi anni aveva collocato in coda la caccia. La passione era più che altro un pretesto per stare in compagnia, sentire il cane segugio al lavoro sulle praterie, poi a sera discutere con gli amici. Fossero gli anni, o il naturale evolversi del gusto, l’ultimo capriolo l’aveva lasciato andare… “era un capo come non ho visto mai! Avanzava calmo, regale vorrei dire; mi guardava quasi negli occhi. Come potevo tirargli? Insomma mi ha fatto pena, capisci! No, non potevo uccidere una bestia così nobile!”. Naturalmente gli amici l’avevano rimbrottato, ignorando la tempesta di sentimenti che s’era abbattuta su lui. “Quasi mi faceva pena. Un conto è se ti corre davanti, allora è un bersaglio. Paura di mancarlo? Quando mai? Ne ho ucciso io di caprioli”. Non era vero nemmeno questo, e lui sapeva tutte le volte che le bestiole “gli avevano fatto pena…”
Mario Ferruccio Belli, L’Amico del Popolo, 8 settembre 1990 – N. 35